Statuti della Provincia

 

 
Capitolo primo
La nostra vita nella Chiesa
 
 
 
1.       Francesco, che prese il Vangelo come norma di vita, rappresenta per noi l’ideale del vero discepolo di Cristo. Alla sua scuola impegniamoci a progredire nella conoscenza della Parola divina trasmessaci dalla Sacra Scrittura e a far nostro il suo patrimonio spirituale nella lettura delle fonti francescane e cappuccine anche della nostra provincia.
 
2. Radicati nella nostra primigenia ispirazione, attenti ai segni dei tempi e dei luoghi, favoriamo in attuazione del principio della pluriformità, quei fratelli che, mossi dallo Spirito, in comunione con la fraternità provinciale e in obbedienza ai superiori, desiderino sperimentare forme nuove di vita che possano meglio contribuire al rinnovamento e all’arricchimento del nostro essere cappuccino.
 
3. La nostra provincia nella sua storia plurisecolare, ha il figlio più rappresentativo in san Pio da Pietrelcina. Studiamo sempre più attentamente la sua spiritualità,imitiamo la sua fedeltà a Dio e all’uomo, realizziamo il suomessaggio, continuiamo il suo ministero di riconciliazione e diffondiamone lo spirito di preghiera e di carità, specialmente tra i fedeli dei Gruppi di Preghiera.
 
 
4. Sotto la guida dei Vescovi, offriamo al popolo di Dio il nostro specifico servizio apostolico in intima unione con i fratelli e le sorelle dell’Ofs, ai quali dobbiamo offrire la fraterna comunione francescana e l’incoraggiamento a compiere il bene.
  
 
 
 
Capitolo secondo
L’ammissione e la formazione alla nostra vita
  
 
Art. 1: La pastorale vocazionale
 
5. Nella pastorale vocazionale tutti i frati sono corresponsabili. Pertanto, ogni nostra fraternità si ritenga “casa vocazionale” e progetti, in un capitolo locale all’inizio del triennio, i modi ed i tempi della propria pastorale vocazionale.
 
6. Poiché il mondo giovanile tocca i diversi ambiti della pastorale, onde coordinare le iniziative, il ministro provinciale col suo definitorio costituisca la “Consulta per la pastorale giovanile” (con riferimento ai responsabili delle varie attività pastorali) che, riunendosi una volta all’anno su convocazione del responsabiledell’animazione vocazionale, tenda a leggere in chiave vocazionale tutte le iniziative.
 
7. Il responsabileprovinciale per l’animazione vocazionale inoltre:
 
1. qualifichi il suo servizio ecclesiale con un costante rapporto coi centri vocazionali diocesani e di vita consacrata;
2. agisca sempre d’intesa con i responsabili degli altriservizie con le case di formazione;
3. offra momenti per far conoscere la realtà e l’urgenza missionaria, tipica del nostro carisma francescano
4. promuova la collaborazione con le nostre sorelle clarisse, con altre famiglie religiose a noi legate e con l’Ofs;
5. susciti gesti concreti di servizio e di donazione proponendo i nostri modelli vocazionali, in particolar modo la figura del nostro confratello SanPio da Pietrelcina
 
8.      Il ministro provinciale col suo definitorio:
 
1. affianchi al responsabile della pastorale vocazionale e giovanileuno o più religiosi impegnati a tempo pieno, tra cui possibilmente un fratello non chierico, per esprimere la pluriforme ricchezza del nostro carisma;
2. ascoltando eventualmente il parere del responsabiledell’animazione vocazionale, nomini i collaboratori zonali. A sua volta, ogni fraternità designi il delegato locale dell’animazione vocazionale e consentaai collaboratori zonali ed ai delegati locali, dei dedicare parte del loro tempo alla pastorale vocazionale.
 
9. La casa di accoglienza ha lo scopo di offrire una conoscenza più diretta della nostra vita:
 
1. Nella casa di accoglienza venga ospitato ordinariamente chi desidera sperimentare per un congruo periodo la vita cappuccina.
2. Venga offerta a chi viene accolto nella casa di accoglienza la testimonianza della vita evangelica, gli atti della vita comunitaria, il lavoro, lo studio ed un aiuto per la riflessione personale e una graduale conoscenza della vita della provincia.
3. La casa di accoglienza sia adatta allo scopo di presentare la pluralità della nostra vita e sia collegata con i vari servizi pastorali.
 
10. Valorizziamo San Giovanni Rotondo come centro privilegiato di pastorale vocazionale.    
 
11. Iniziative particolari, caratteristiche della nostra provincia:
 
1. Il 22 gennaio di ogni anno, si celebri la “Giornata provinciale di preghiera per le Vocazioni” in ricordo della vestizione e prima professione di S. Pio da Pietrelcina.
2. Ogni primo martedì del mese sia ritenuto giornata di preghiera per le vocazioni ed in ogni fraternità si celebri mensilmente l’ora di preghiera per le vocazioni con il popolo di Dio.
3. I ministranti delle nostre chiese abbiano annualmente un convegno organizzato dal responsabileper l’animazione vocazionale.
4. D’intesa col responsabilee possibilmente con la sua partecipazione, ogni fraternità, annualmente, abbia un momento (settimana, triduo, giornata) in cui proporre in modo particolare la vocazione alla nostra vita.
 
Art. 2: La formazione iniziale
 
12. I vari settori della formazione siano ordinati ciascuno secondo il “Progetto Formativo dei Frati Minori Cappuccini Italiani” e a norma delle leggi ecclesiastiche e dell’Ordine.
 
13.
1. Per favorire le vocazioni e prepararle adeguatamente alla nostra vita, riteniamo ancora validi le case di formazione e i seminari,per i quali tutta la fraternità deve essere coinvolta nell’accompagnamento e nel discernimento.
2. In mancanza di scuole dell’Ordine, i giovani che aspirano alla nostra vita frequentino le medie superiori, preferibilmente presso istituti religiosi o diocesani legalmente riconosciuti.
 
14.    Il giudizio definitivo sulla vocazione è rimesso alla fraternità preposta alla formazione.
 
15. Il Postulato
   
    Il postulato abbia la durata di almeno un anno e non superi i due. Tale periodo sia aperto con appropriato corso di esercizi spirituali, alla fine dei quali una celebrazione liturgica ne sottolinei il significato. Si rediga il documento dell’avvenuto ingresso.
 
16. Il Noviziato
 
1. Il noviziato si svolga a norma del diritto comune e nostro particolare.
2. I novizi portino l’abito loro proprio come segno dell’avvenuta iniziazione religiosa.
 
17. Il Postnoviziato
 
1. Con un indirizzo comune si dedichi il postnoviziato alla formazione francescano-cappuccina, alla catechesi e ad esperienze di servizio ecclesiale e sociale.
2. Per un periodo di almeno un anno, ridotti al minimo gli studi strettamente accademici, si dia ampio spazio alla formazione teorica ed esperienziale con una particolare sottolineatura della vita fraterna ed un inserimento concreto nella vita della provincia.
 
18.
1. Il consiglio della formazione provveda a preparare un programma e ne curi la realizzazione (ricerca del personale adatto e qualificato, tempi di esperienza apostolica, per es. nelle missioni popolari, assistenza giovanile, servizio ospedaliero e fra i ”lebbrosi” del nostro tempo).
2. La provincia garantisca a coloro che non si sentono chiamati ai ministeri ordinati, una formazione umana e religiosa completa.
 
19.    Poiché ogni vocazione francescana è fondamentalmente missionaria, promuoviamo una formazione ed un aggiornamento riguardo ai temi ed ai problemi missionari, con particolare riferimento a quelli della nostra viceprovincia del Tchad - Centrafrica.
 
20.    I formatori programmino le vacanze estive con possibilità di servizio fraterno nelle nostre case e nei campeggi vocazionali.
 
Art. 3: La formazione speciale
 
21. Dopo la formazione iniziale comune alla nostra vita:
 
1. i frati chiamati al presbiterato continuino la formazione teologica e scientifica;
2. i fratelli laici completino la loro formazione specifica secondo le indicazioni dei superiori.
 
A) A livello provinciale
 
22. La provincia si impegni a partecipare nel modo dovuto al progetto di formazione permanente della CIMP Cap.
 
23.
1. Il consiglio della formazione sia composto da un responsabile, da un vice, dai membri di diritto, cioè, dai maestri delle case di formazione esistenti in provincia, e dai responsabili dei servizi di pastorale giovanile e vocazionale, di formazione iniziale e permanente, e infine, da un delegatodei religiosi in formazione iniziale.
2. Il responsabileprovinciale della formazione sia possibilmente a tempo pieno e disponga dei mezzi necessari.
3. Ad inizio di ogni anno “fraterno e pastorale”, dopo la festività del Serafico Padre, vi sia un incontro del ministro provinciale e suo consiglio con i fratelli guardiani, economi e responsabili dei servizi sulla programmazione da attuare e sulle finalità da perseguire.
 
24. Il definitorio provinciale:
1. in attiva collaborazione con il consiglio della formazione, prepari un programma da svolgersi nel corso di ciascun anno, indicando argomenti e tempi e portandolo a conoscenza della provincia all’inizio di ciascun anno;
2. coordini il lavoro dei responsabili dei servizi,i quali debbono, anche loro, concordare all’inizio di ogni anno gli argomenti da trattare ed i tempi portandoli a conoscenza della provincia.
 
25.
1. Ogni anno ci sia un corso di formazione che comprenda preghiera, vita fraterna e studio, della durata di almeno tre giorni, a cui devono partecipare tutti i frati della provincia.
2. Detti corsi abbiano almeno due turni in modo da consentire la partecipazione di tutti i fratelli.
3. Per una buona riuscita di tali corsi il consiglio della formazione provveda a nominare un direttore organizzativo, un segretario ed un animatore liturgico.
 
26. Gli incontri provinciali di formazione permanente siano mensili, mentre quelli di settore (Ofs, parrocchie, predicazione, formazione, missione ecc.) siano di solito possibilmentebimestrali.
 
B) A livello locale
 
27. In ogni fraternità vi siano dei momenti particolari (capitoli locali, giornate di ritiro, giornate della fraternità) in cui sviluppare ed attuare i programmi della formazione permanente.
 
28. La giornata del ritiro e del Capitolo locale deve essere fissata in modo definitivo all’inizio dell’anno e ricordata per tempo; il momento liturgico deve essere preparato con cura dal guardiano o dall’animatore.
 
29. Nell’intento di rendere più proficuo il ritiro mensile, si auspica che le piccole fraternità si radunino insieme ospitando a turno i fratelli.
 
30. Ogni fraternità sia dotata di una biblioteca fornita di opere inerenti alla nostra vita francescano-cappuccina e al ministero pastorale, e aggiornata costantemente.
 
31. La fraternità incoraggi i singoli a partecipare a convegni e corsi di aggiornamento.
 
C) A livello personale
 
32. La fraternità si preoccupi di far perfezionare ed aggiornare coloro che esercitano attività culturali o professionali.
 
 
 
 
Capitolo terzo
La nostra vita di preghiera
 
 
Art. 1: La preghiera individuale
 
39. Ognuno si adoperi a formarsi la coscienza, a sentire la necessità della preghiera personale. Ciascun frate, dovunque si trovi, si procuri un tempo sufficiente per la preghiera individuale ogni giorno. La stessa contemplazione, nella tradizione cappuccina, “è un’esperienza essenzialmente personale”.
 
Art. 2: La preghiera comunitaria
 
40. La preghiera individuale e comunitaria si integrano. Quanto più intensa sarà la preghiera individuale, tanto più viva sarà la partecipazione alla preghiera comunitaria dalla quale, specie trattandosi del “mistero dell’Eucaristia” e dell’Ufficio divino, tanto raccomandati dal Serafico Padre (Cost. 47,2),non dobbiamo assentarci senza il permesso del guardiano.
 
41.    La fraternità locale, nel programmare i modi della preghiera comunitaria, oltre le forme tradizionali, come l’adorazione al SS. mo Sacramento, tenga presente anche le forme nuove di pratiche religiose da realizzare ogni tanto, quali le conversazioni spirituali, gli scambi di esperienze, la ‘lectio divina’, le celebrazioni comunitarie della penitenza e della Parola, la revisione di vita, il rosario mariano rinnovato o meditato, le litanie della Madonna, ecc.
 
42. In ogni fraternità si dedichino ogni giorno due tempi, di almeno venti minuti ognuno, all’orazione mentale o meditazione, da farsi una volta in comune nel modo e tempi stabiliti dal capitolo locale, e una volta in privato, nel tempo scelto da ciascuno.
 
43. Gli esercizi spirituali annuali siano praticati da tutti i frati, possibilmente fuori dalla propria sede. Sarà cura dei superiori provinciali organizzare ogni anno corsi di esercizi in una casa della provincia.
 
44. In ogni fraternità si tenga il ritiro mensile, in un giorno stabilito dal Capitolo locale.
45. La rinnovazione della professione religiosa, che si svolge ogni venerdì a mensa, in particolari circostanze, si può tenere durante una celebrazione liturgica.
 
46. Secondo la nostra tradizione pratichiamo quotidianamente o spesso:
1. la preghiera prima e dopo la mensa;
2. il pio esercizio della Via Crucis;
3. la recita dell’Angelus e del S. Rosario;
4. le invocazioni ai santi protettori e la benedizione finale.
 
47. Celebriamo con particolare solennità la festa del nostro patrono S. Michele Arcangelo, in tutti i nostri conventi, il giorno 8 maggio.
 
Art. 3: La preghiera liturgica
 
48. La preghiera liturgica sia il nostro quotidiano alimento spirituale. La Santa Messa comunitaria e la recita della Liturgia delle Ore siano celebrate preferibilmente in comune col popolo di Dio.
 
49. La varietà, la creatività, l’adattamento all’assemblea, con opportune didascalie, gesti, silenzi, canti, preghiere spontanee, diventino un dovere per il presidente e l’animatore, al fine di evitare l’abitudinarietà e la monotonia che non favoriscono la piena partecipazione al colloquio con Dio.
 
50. Celebriamo comunitariamente la ricorrenza liturgica dei nostri santi e beati concludendola con la tradizionale benedizione con la reliquia.
 
Art. 4. I suffragi
 
51. Alla morte di un frate professo, di un oblato perpetuo che sia stato tra noi almeno dieci anni, e di ciascuno dei genitori dei frati professi perpetui, ogni sacerdote della provincia celebri una Santa Messa.
 
52. Alla morte di un novizio o di un oblato perpetuo che sia stato tra noi meno di dieci anni, ogni fraternità della provincia applichi una Santa Messa.
 
53. Il giorno 9 maggio, in tutte le fraternità, si celebri una messa comunitaria per tutti i religiosi, parenti e benefattori defunti della provincia.
 
54. I fratelli laici si uniscano ugualmente ai suffragi con la partecipazione all’Eucaristia.
 
55. In ogni nostro luogo una delle Messe in suffragio per il confratello defunto, sia celebrata possibilmente con la partecipazione di tutta la fraternità.
 
Art. 5: Il Silenzio e la lettura comunitaria
 
56. Il Capitolo locale, nel determinare l’orario giornaliero della fraternità, specifichi anche i tempi di silenzio rigoroso.
 
57. Aderendo allo spirito eremitico originario, è conveniente promuovere una fraternità speciale di ritiro e di contemplazione nella quale i frati, permanentemente o temporaneamente, si possano dedicare allo spirito ed alla vita di orazione.
 
58. Riguardo alle letture da farsi in refettorio in tutte le nostre fraternità, si stabilisce quanto segue: tra il “Padre nostro” iniziale e la benedizione della mensa si legga, stando tutti in piedi:
 
1. a mezzogiorno un brano del Vangelo e a cena uno di un altro libro della Sacra Scrittura;
2. il venerdì, a pranzo un brano della Regola o del Testamento, la benedizione del Padre San Francesco e si rinnovi la professione, secondo la tradizione dell’ordine; a cena un brano delle Costituzioni o di qualche altro commento alla nostra legislazione;
3. alla fine della cena, al segno del guardiano, il necrologio della provincia, le circolari del ministro generale e provinciale, e nelle memorie dei nostri santi e beati un loro profilo biografico.
 
 
 
 
Capitolo quarto
La nostra vita in povertà
 
  
59. La questua si giustifica solo se richiesta da autentica necessità. Venga in questo caso, esercitata da tutti i religiosi con la discrezione e il decoro che si conviene al nostro stato e all’ambiente in cui operiamo, come tradizionale testimonianza delle virtù francescane nel mondo, come mezzo di apostolato e supplemento al lavoro.
 
60. Per quanto riguarda l’uso del denaro, l’alienazione dei beni, obbligazioni, mutui e spese straordinarie si stia a quanto stabilito dal Diritto Canonico, dalle Costituzioni e dalle Ordinazioni dell’Ordine.
 
61. II ministro provinciale col suo definitorio, udito il parere del Capitolo locale, il quale deve impedire tutti gli abusi contro la povertà comune e personale, stabilirà o confermerà i contributi da versare alla provincia dalle singole fraternità, tenuto conto delle esigenze di ciascuna di esse.
 
62. Le Sante Messe che vengono celebrate in ciascuna fraternità siano applicate "ad mentem superioris loci" e le rispettive elemosine vadano a beneficio della fraternità. Il guardiano della fraternità, dal numero complessivo delle Sante Messe celebrate dai sacerdoti della fraternità, detragga ogni mese:
 
1. dodici Sante Messe, per ogni sacerdote, da applicarsi per il ministro provinciale (?);
2. una Santa Messa per i benefattori;
3. due Sante Messe personali per ogni sacerdote;
4. le Sante Messe “pro populo” secondo le istruzioni dell’Ordinario diocesano nelle parrocchie;
5. due Sante Messe per ogni fratello laico professo perpetuo membro della fraternità;
6. in morte del Romano Pontefice, del ministro ed ex ministro generale, del definitore ed ex definitore generale della nostra Conferenza, una santa Messa di suffragio per ogni fraternità;
7. per i religiosi professi e genitori di religiosi professi perpetui, una Santa Messa di suffragio per ogni sacerdote;
8. una Santa Messa di suffragio per ogni fraternità della provincia per un novizio o un oblato perpetuo;
9. ogni anno dopo la festa di San Francesco, in ogni fraternità si celebri la commemorazione di tutti i frati e benefattori defunti dell’Ordine.
 
63. Le elemosine delle Sante Messe non celebrate nelle nostre fraternità siano trasmesse integre all’economo provinciale, ogni due mesi.
 
64. Le fraternità versino ogni due mesi all’economo provinciale:
1. il 50% dell’eventuale stipendio dei frati inseriti nell’Istituto Sostentamento del Clero (ISC);
2. il 30% degli stipendi di lavoro dipendente.
 
65. La commissione economica, istituita dal definitorio provinciale, a norma delle Costituzioni, n. 72, è formata da un definitore, dall’economo provinciale e dal suo vice, e da quattro religiosi. Detta commissione, che all’occasione si avvarrà del consiglio dì esperti laici, si riunirà almeno tre volte l’anno e quando il ministro provinciale lo crede opportuno. Compiti della commissione sono:
 
1. coadiuvare il definitorio nella programmazione economica;
2. vigilare sulla realizzazione corretta di tale programmazione;
3. rivedere e approvare, due volte l’anno, i capitoli di entrata e di spesa analiticamente esposti;
4. esprimere il parere sul modo più sicuro circa gli investimenti finanziari ed immobiliari che superino la somma consentita al definitorio provinciale per l’amministrazione ordinaria;
5. esprimere il parere circa le modalità di investimenti di somme ricevute per iniziative per le quali il definitorio abbia ricevuto particolari permessi o dispense;
6. redigere il verbale di ogni riunione.
 
66. I beni che, dopo matura riflessione, risultino superflui, come anche il denaro eccedente la somma stabilita dai superiori maggiori per le spese ordinarie, siano consegnati al ministro provinciale per le necessità della provincia e dell’Ordine.
 
67. Il guardiano della Fraternità:
 
1. all’inizio dell’anno, elabori, insieme al Capitolo locale, un programma dei lavori straordinari che intende svolgere e lo sottoponga all’approvazione del definitorio provinciale;
2. si adoperi a che, ogni due mesi, sia i suoi consiglieri sia i responsabili della formazione rivedanoi registri pertinenti l’economia locale.
3. metta al corrente, durante il capitolo locale, tutti i suoi religiosi della situazione economica.
 
68. L’economo locale, tramite il proprio guardiano:
1. nel mese di gennaio, farà pervenire al ministro provinciale la relazione economica annuale della propria amministrazione;
2. durante la visita pastorale, presenterà al ministro provinciale, per la debita revisione, i registri di sua competenza.
 
69. L’economo provinciale deve presentare al definitorio provinciale, due volte l’anno (gennaio e luglio), la relazione scritta sullo stato economico della provincia. In tale occasione sono firmati dallo stesso definitorio i registri di introito ed esito e quello delle SS. Messe ricevute e celebrate.
 
70. L’economo provinciale o uno dei suoi collaboratori provvedano che:
1. i nostri dipendenti siano iscritti a qualche ente previdenziale;
2. i nostri beni immobili siano assicurati.
 
71. È di competenza dell’economo provinciale per i grandi lavori (convento, chiesa, ecc.) curare la parte amministrativa, mentre la direzione esecutiva può essere affidataad altri religiosi, cui non manchi l’aiuto ed il controllo della commissione edilizia.
 
72. L’assistente provinciale Ofs ed i responsabili provincialidell’animazione vocazionale e delle missioni estere, devono ogni tre mesi (30 marzo, 30 giugno, 30 settembre, 30 dicembre) presentare al ministro provinciale, tramite l’economo provinciale, i registri dell’introito e dell’esito con i relativi bilanci sottoscritti dai singoli membri del proprio consiglio.
 
73. I responsabili dei vari servizie l’assistente Ofs, di cui al numero precedente, devono depositare presso l’economo provinciale, titoli, valori, ecc…, nonché il fondo cassa dei rispettivi servizi. L’economo provinciale corrisponda loro, ogni sei mesi, gli interessi maturati sulle somme depositate.
74. Quanto detto ai nn. 71 e 72, vale anche per le opere sociali rette a nome della provincia.
 
75. Ogni fraternità intesti il conto corrente postale o bancario, relativo all’economia locale, alla provincia con l’apposita firma dell’economo e del guardiano.
 
  
 
Capitolo quinto
Lavoro e riposo
 
 
76. Ogni lavoro deve essere espressione di tutta la fraternità, perciò ogni iniziativa deve essere concordata con il Capitolo locale e quelle a lungo termine anche con il ministro provinciale e suo definitorio.
 
77. Pur esortati e disposti a prestare il nostro lavoro gratuitamente per motivo di carità, è lecito accettare nei modi convenienti il compenso dovuto al lavoro prestato. Tale compenso sarà consegnato alla fraternità.
 
78. I frati siano sempre disposti a lavorare gratuitamente quanto lo carità richieda e lo consigli.
 
79. Il Capitolo locale:
 
1. determini uno spazio di tempo libero a beneficio dei singoli frati, salvi gli impegni e le necessità più urgenti.
2. programmi l’avvicendamento delle ferie in modo da consentire a tutti l’adeguato periodo di riposo.
 
80. A tutti i religiosi, nello spirito delle Costituzioni, sia concesso, nell’arco dell’anno, un periodo di riposo che non superi i 30 giorni.
 
81. Per i religiosi in formazione iniziale, i 30 giorni siano comprensivi delle ferie in famiglia e delle vacanze programmate dai formatori.
 
82. Agli stessi, di cui al n. 80, si dia la possibilità, nei tempi liberi da impegni ordinari, di lavorare nei nostri conventi, presso i segretariati provinciali o organizzazioni umanitarie.
 
 
 
Capitolo sesto
La nostra vita in fraternità
 
 
83. La fraternità si esprime nell’accettazione che ciascuno fa del proprio fratello (CPO VII,10) e nella vita incomune. Dato il ritmo del nostro lavoro, che spesso ci isola, non solo ci si sforzi di partecipare, quanto possibile, ai momenti comuni, ma si fissi in ogni fraternità una giornata mensile da vivere insieme, escludendo ogni impegno.
 
84. Ogni fraternità abbia una sala adatta, in cui i frati possano ritrovarsi per momenti di ricreazione.
 
85. Tutti i titoli e i privilegi meramente onorifici sono aboliti; pertanto non si riconosce nessuna precedenza che non sia quella fondata sul servizio che si esercita in atto e sull’anzianità di religione. II Ministro Provinciale ha la precedenza su tutti i frati.
 
86. Tutti si aiutino vicendevolmente nei servizi quotidiani delle nostre case e in ogni necessità, come prova di fratellanza e di reciproco servizio(CPO VII, 9). È conveniente, inoltre, che le fraternità provvedano da sé alla manutenzione ordinaria dei nostri luoghi e che si eviti, per quanto è possibile, il ricorso alle prestazioni degli estranei.
 
87. Poiché segno di vera carità è preoccuparsi dei fratelli infermi ed attendere alle loro necessità, i nostri infermi siano curati, per quanto possibile e per tutto il tempo necessario dalla propria fraternità «in una parte conveniente della casa, anche fuori clausura» (Cost. VI, 86,2).
 
1. Quando tali cure risultassero chiaramente insufficienti, si provveda al loro trasporto nell’infermeria provinciale;
 
2. L’infermeria, che si è voluta in aiuto alla carità, oltre che per degenze temporanee, è aperta a quei fratelli che hanno bisogno di assistenza e cura continua. Inoltre, l’infermeria è aperta per degenze temporanee o indeterminate, non solo a tutti i frati della provincia, ma anche ad altre categorie previste nel regolamento dell’Infermeria Provinciale.
3. I degenti siano seguiti con amore da tutti i frati nel rispetto del regolamento. Così ugualmente, seguendo l’insegnamento del Padre San Francesco, si presti attenzione ai genitori dei frati.
 
88. Spetta al ministro provinciale, udito il definitorio, accogliere e regolare nelle nostre fraternità laici, che intendano vivere da oblati nelle nostre case in maniera permanente.
 
89.
1. Si consente l’uso di uno o più automezzi conformi al nostro stato di poveri, secondo le necessità apostoliche della fraternità.
2. Non è consentito avere macchine ad uso personale, a meno che il ministro provinciale, udito il definitorio, non lo riterrà opportuno, secondo quanto indicano le Costituzioni al n. 91,6. Anche queste macchine il ministro provinciale penserà a farle intestare alla provincia religiosa.
 
90. I frati ospiti dei nostri conventi siano accolti con fraterna letizia e carità, senza l’onere dell’applicazione della S. Messa. Qualora, però, intendano trascorrere un periodo di vacanza, il loro guardiano provveda con un adeguato compenso.
 
91. Nell’ammettere a dormire nei nostri conventi persone sconosciute, anche se sacerdoti o religiosi, si usi la massima prudenza, tenendo conto a riguardo anche della legislazione civile. Trattandosi di una permanenza che superi la notte o il giorno, si ascolti il parere della fraternità (Cost. VI, 89,3).
 
92. Si tengano presenti le disposizioni ecclesiastiche nell’ammettere sacerdoti sconosciuti alla celebrazione della Eucaristia.
 
93.
1. In ogni nostro luogo si abbia un particolare riguardo ai poveri che vengono alla nostra porta.
2. In collaborazione con le nostre organizzazioni caritative conventuali o parrocchiali, si promuovano generosamente le iniziative atte ad aiutare quanti vivono in povertà.
 
94. Nello spirito del Serafico Padre, sarà impegno di tutta la provincia e particolarmente della fraternità di S. Giovanni Rotondo, avere, nei modi indicati dal ministro provinciale, “cura e sollecitudine speciale” delle clarisse cappuccine del monastero della Risurrezione.
 
Capitolo settimo
La vita di penitenza dei frati
 
 
95. I frati pratichino con frequenza assidua il sacramento della penitenza singolarmente e in celebrazioni comunitarie, e non trascurino la correzione fraterna, voluta dal Vangelo, ed il Capitolo locale sotto forma di revisione di vita, raccomandata dalle Costituzioni.
 
96. La fraternità promuova, specie nei tempi particolari, opere penitenziali personali e comunitarie.
 
97. Oltre quanto indicato dalle leggi della chiesa e dalle Costituzioni all’art. 103,2 (Avvento, Quaresima di Pasqua e tutti i venerdì) si considerano giorni penitenziali tutti i mercoledì e i sabati dell’anno, secondo la tradizione della nostra provincia.
 
98. Nei giorni di mortificazione e di penitenza si favoriscano la preghiera, il raccoglimento, l’ascolto della Parola di Dio ed il servizio ai poveri tanto a cuore alla nostra tradizione.
 
99. Tra le forme penitenziali proprie del nostro Ordine, quali la vigilia di San Francesco e dell’Immacolata, in cui si pratica, per tradizione, il digiuno e l’astinenza, non si trascuri la quaresima detta “Benedetta”.
 
100. In spirito di penitenza, a imitazione di S. Pio, privilegiamo sempre la semplicità, la moderazione, la povertà e l’austerità. Specie in quaresima e nei giorni di penitenza, sappiamo privarci degli spettacoli televisivi e di altri divertimenti.
 
Capitolo ottavo
Il governo della Provincia e delle Fraternità
 
 
art. 1: La fraternità della curia
 
101.
1. Il segretario provinciale dipende dal ministro provinciale dal momento della sua scelta.
2. Fanno parte della famiglia della curia: il segretario, il vicario provinciale, se vive nella stessa sede, l’economo provinciale ed eventuali altri frati.
 
102. Presiede la curia il ministro provinciale e, in sua assenza, il vicario provinciale.
 
103. Sono ufficiali della curia: il segretario, l’economo e i loro vice, se nominati.
 
104. Il ministro provinciale, o in sua assenza il vicario provinciale, convochi ordinariamente, una volta al mese il definitorio. In tale occasione è conveniente un incontro fraterno con gli ufficiali della curia.
 
105. Tutti i responsabili preposti agli organismi provinciali nel programmare e coordinare il lavoro dipendonodirettamente dal ministro provinciale.
 
106. Il ministro provinciale, il vicario provinciale, se risiede in curia, l’economo e il segretario provinciale applicheranno le Sante Messe per la provincia.
 
107. I componenti la curia provinciale partecipino all’unica mensa con la fraternità di residenza, si prestino, compatibilmente con i loro impegni, al servizio liturgico e pastorale, particolarmente nei giorni festivi. Intervengono al Capitolo locale con voce attiva.
 
 
Art. 2: La fraternità Locale
 
108. Il fratello guardiano nel suo servizio consulti frequentemente il consiglio locale.
 
109. Il fratello guardiano disponga l’ordine del giorno in tempo utile, specialmente per i giorni festivi, cercando di conciliare le esigenze dell’apostolato e la partecipazione alla preghiera comunitaria. 
 
110. Assenti o impediti il guardiano e il vicario, presiede la fraternità nell’ordine: il 1° consigliere, il 2° consigliere, il definitore in atto, il maestro, il frate anziano.
 
Art. 3: Il capitolo locale
 
111.  
      1. È compito del capitolo locale svilupparelo spirito fraterno, promuovere la corresponsabilità di tutti i frati al bene comune, istituire il dialogo fraterno a riguardo di tutto ciò che concerne la vita di fraternità, ricercare insieme la volontà di Dio.
        2. Il capitolo locale stabilisce l’orario giornaliero della fraternità.
 
112. Attesa la particolare importanza del capitolo locale per la vita della fraternità venga celebrato possibilmente una volta al mese. Isuperiori maggiori lo promuovano e qualche volta lo animino anche con la loro presenza.
 
113. Ove e quando sia possibile, il Capitolo locale sia abbinato al ritiro mensile ed abbia, oltre a ciò che gli è peculiare, tre momenti: liturgico, di aggiornamento e di revisione di vita su argomenti indicati dal ministro provinciale o scelti dalla fraternità. Il Capitolo locale può essere convocato anche su richiesta di alcuni frati, indicando preventivamente al guardiano gli argomenti da trattare.
 
114. Compete alla fraternità locale, mediante il proprio Capitolo, in forza delle Costituzioni e secondo le disposizioni del Capitolo provinciale, stabilire l’uso dei beni, correggere gli abusi contro la povertà comune o personale.
 
115. I frati guardiani non solo informino i loro frati sui problemi che debbono essere trattati nel Capitolo locale, ma li consultino previamente e stimolino la loro partecipazione attiva.
 
116. All’inizio dell’anno, il guardiano della fraternità, assieme al Capitolo locale, elabori un programma delle attività e dei lavori straordinari che intende svolgere e lo sottoponga all’approvazione del definitorio provinciale.
 
Art. 4: La clausura
 
117.   In ogni casa si osservi la clausura. L’ingresso degli estranei nelle nostre case sia regolato a norma del diritto.
 
118. Per favorire la quiete richiesta per l’orazione e lo studio, coloro che vengono alle nostre case siano ordinariamente ricevuti nei parlatori, disposti secondo l’esigenza della semplicità, della prudenza e della ospitalità.     
 
119. Spetta al Capitolo locale, secondo le necessità e la utilità, chiedere ai superiori provinciali di modificare i limiti della clausura, tenendo presente che in ogni casa ci deve essere sempre una parte riservata esclusivamente ai religiosi. In casi urgenti ed eccezionalmente il guardiano può sospenderla “ad modum actus”.  
 
Art. 5: L’archivio
 
120. Ogni singola casa abbia un archivio nel quale si conservino diligentemente e riservatamente tutti i documenti opportuni.
 
121. Nell’archivio si conservino anche tutti i fatti degni di memoria annotati accuratamente dal cronista incaricato e ci sia anche l’inventario dei documenti ivi conservati.
 
122. Ogni archivio conventuale abbia le seguenti sezioni:
 
1. Lettere circolari del ministro provinciale e carteggio con la curia.
2. Vita della fraternità: il libro della cronaca, il registro della santa visita, delle adunanze del Capitolo locale, delle Sante Messe, delle entrate e delle uscite, la documentazione di carattere edilizio.
3. Carteggio dei vari servizidella provincia: studi, Ofs e Gifra, predicazione, vocazioni, missioni estere.
4.         Attività della fraternità: orario, apostolato dentro e fuori il convento, Ofs e Gifra, parrocchia.
5.         Carteggio con le fraternità della provincia.
6.         Carteggio vario: curie diocesane, clero secolare, comunità religiose, autorità civili, ecc.
7.          Moduli, convenzioni ed altre normative.
 
 
Capitolo nono
La nostra vita di apostolato
 
 
Art.1: Il ministero della parola
 
123. Tutti i religiosi che si dedicano al ministero della parola avvertano il bisogno di aggiornarsi continuamente.
 
124. Nella predicazione privilegiamo il messaggio francescano, di cui P. Pio fu testimone autentico, e l’assistenza ai Gruppi di Preghiera.
 
125. Il responsabile provinciale del servizio di predicazione abbia cura di predisporre in modo più adeguato ed efficace la programmazione degli incarichi secondo la necessità del popolo di Dio.
 
126. I predicatori itineranti come inviati della fraternità, concordino con il superiore gli impegni da assumere.
 
Art. 2: Il ministero della riconciliazione
 
127. Sull’esempio di Padre Pio, teniamo nella massima considerazione e promuoviamo tale apostolato con particolare attenzione al servizio nel Santuario di S. Giovanni Rotondo e Pietrelcina.
 
128. Perché i confessori possano esercitare con responsabilità e competenza il loro apostolato, curino la propria preparazione anche con corsi di aggiornamento.
 
Art. 3: Apostolato negli ospedali
 
129. I cappellani si attengano alle disposizioni delle autorità competenti, secondo quanto è stipulato nella convenzione.
 
130. Pronti e generosi nel loro servizio, i cappellani portino la serenità e la gioia francescana nella visita agli ammalati, nel colloquio con i parenti, nelle relazioni, nella cura spirituale del personale sanitario e di assistenza.
 
Art. 4: Apostolato tra i detenuti
 
131. L’azione apostolica dei cappellani sia diretta al recupero umano, morale e sociale del detenuto.
 
132. Il cappellano programmi e svolga la sua attività apostolica d’accordo con i dirigenti dei penitenziari, mantenga i contatti con le famiglie dei detenuti e le soccorra, per quanto gli è possibile, nelle loro necessità spirituali e sociali. Non trascuri poi l’assistenza spirituale al personale di custodia.
 
Art. 5 Apostolato parrocchiale
 
133. La provincia nello spirito delle indicazioni capitolari (1985), potrà assicurare il governo di parrocchie legate alla Chiesa conventuale o, al massimo, nell’ambito del luogo dove sorge il convento, e non assumerà in futuro responsabilità parrocchiali, che non siano a tempo limitato, salvo situazioni eccezionali.
 
134. L’amministrazione della parrocchia sia regolata secondo quanto è stabilito nella convenzione.
 
135. Il parroco, nell’esercizio delle sue attività sia nelle parrocchie conventuali che in quelle extraconventuali, agisca d’intesa e in collaborazione con il fratello guardiano, ricordando che egli in quanto religioso cappuccino rappresenta la fraternità.
 
136. Dove e quando sia possibile, la vita liturgica e di preghiera della fraternità si svolga in comunione con l’assemblea parrocchiale. Tale comunione si traduca, con stile di fraternità francescana, in concreta collaborazione.
 
137. Le nostre parrocchie siano aperte alla ricchezza dei movimenti che lo Spirito suscita nella Chiesa. In reciprocità vitale con i fratelli e le sorelle dell’Ofs - Gifra, informiamo dello spirito di Francesco, fratello e minore, tutte le nostre attività apostoliche.
 
Art. 6: Servizio spirituale nei cimiteri
 
138. È nostra tradizione cappuccina coltivare la pietà e il culto dei fedeli verso i defunti. Prestiamoci volentieri per la cura spirituale nei cimiteri, a conforto dei vivi ed a suffragio dei defunti.
 
Art. 7: Assistenza spirituale Ofs-Gifra
 
139.
      1. L’Ofs e la Gifra fanno parte integrante del nostro carisma francescano. Perciò non limitiamoci, con loro, alla semplice cura pastorale, ma viviamo in una comunione d’intenti e di vita al servizio della Chiesa e della società.
      2. Impegniamoci in tutte le nostre case e parrocchie a promuovere la diffusione e lo sviluppo dell’Ofs, della Gifra e delle attività che ad essi si ispirano, secondo le indicazioni delle Costituzioni.
 
Art. 8: Apostolato nella scuola
 
140. La nostra partecipazione si esplichi nelle scuole di ogni ordine e grado con il consenso dei superiori con l’insegnamento della religione o di altre discipline scientifiche.
 
Art. 9: Opere sociali
 
141. Tutte le opere e le iniziative di natura sociale promosse dai nostri frati e debitamente approvate, siano gestite nel pieno rispetto delle leggi ecclesiastiche e civili, di modo che siano, anche per questo, testimonianza dello spirito cristiano e francescano.
 
142. Ogni opera sociale abbia un suo Statuto debitamente approvato, il quale preveda inderogabilmente il consiglio di amministrazione e gli altri organismi sanciti dalle leggi civili.
 
 
Capitolo decimo
La nostra vita di obbedienza
 
Art. 1: In spirito di carità e di servizio
 
143. I superiori esercitino l’autorità in spirito di servizio verso i fratelli, facendosi così testimoni della carità con cui Dio li ama.
 
144. Legge suprema dell’autorità e dell’obbedienza è la volontà divina. Isuperioridebbono ricercarla, conoscerla ed attuarlacon i fratelli in continuo dialogo. I frati da parte loro evitino di cadere in interpretazioni arbitrarie nell’esercizio dell’obbedienza.
 
145. I frati volentieri propongano le loro opinioni ed iniziative per il bene comune, si mostrino però pronti ad obbedire, perché spetta ai superiori, dopo aver valutato volentieri ogni cosa con i frati, decidere e ordinare ciò che deve essere fatto.
 
Art. 2: Viaggi
 
146. I frati chiedano al padre guardiano il permesso per intraprendere viaggi in Italia e, tramite il padre guardiano, al Ministro Provinciale l’obbedienza per viaggi all’estero.
 
147. I frati, prima di uscire di convento, chiedano il permesso al guardiano o a chi ne fa le veci. E quando tornano lo avvisino. Anche il guardiano, uscendo e rientrando, avverta chi lo sostituisce.
 
 
Capitolo undecimo
La nostra vita nella castità consacrata
 
 
148. La castità,vissuta in vista del Regno, rende libero il nostro cuore, diventa una sorgente di pace e penetra l’essere umano nelle sue profondità donandogli una misteriosa somiglianza con Cristo.
 
149. La castità consacrata non è un impegno che si conclude con la professione religiosa, ma rimane per tutta la vita un compito sempre aperto, che si rinnova nella necessaria vigilanza.
 
150. Questa si alimenta, si sostiene e cresce con la vita sacramentale, in particolare con l’Eucaristia, con il sacramento della Riconciliazione, perseverando nell’assidua preghiera e nell’intima unione con Cristo e con la sua Vergine Madre.
 
151. Tutti i frati ricordino che l’amore vicendevole nella convivenza familiare e nel servizio fraterno è un grandissimo sostegno della castità Il Padre S. Francesco inoltre ci raccomanda la custodia dei sensi e in particolare degli occhi.
 
152. Nell’uso degli strumenti di comunicazione si osservi la necessaria discrezione e si eviti tutto quanto possa nuocere alla propria vocazione e mettere in pericolo la castità. I superiori siano attenti, affinché non si verifichino abusi.
 
153. A meno che circostanze particolari non richiedano diversamente, manteniamo la tradizione di indossare l’abito religioso a salvaguardia della virtù della castità.
 
 
Capitolo dodicesimo
La diffusione della fede
 
 
 
154.  Memori per lo zelo del Padre S. Francesco per l’evangelizzazione dei popoli, la dimensione missionaria informi l’opera degli educatori nella formazione dei frati.
 
155.  I frati oltre alla conoscenza dei documenti ecclesiali sulla missione, siano al corrente dei problemi internazionali e dell’indipendenza socio-economica, politica, culturale e umana dei diversi popoli.
 
156.  la missione nella Viceprovincia del Tchad-RCA costituisce il principale impegno della Provincia nella missio ad gentes. Ogni fraternità pertanto, il primo mercoledì del mese, preghi ed inviti a pregare per la Viceprovincia, e dia un generoso contributo annuale al responsabile per le missioni estere, quale segno di comunione e condivisione con i fratelli più poveri.
 
157.  La cooperazione tra le chiese è il segno della carità su cui si edifica e cresce la missione. Durante l’Avvento e la Quaresima, nei nostri conventi, nei gruppi missionari, ecclesiali ofs, gifra, parrocchie, si incrementino iniziative di solidarietà per la nostra missione.
 
158.
1. I frati destinati all’attività missionaria abbiano una preparazione specifica ed adeguata.
2. I missionari, durante il periodo di riposo, partecipino a corsi di aggiornamento appositamente organizzati, e utilizzino l’anno sabbatico per rinnovarsi spiritualmente e per arricchire la propria formazione.
 
159. I missionari, nell’opera di promozione umana, tengano sempre presenti i principi dell’autosviluppo e dell’autosufficienza dei popoli loro affidati.
 
160. Il responsabile provinciale del servizio per le missioni estere coordini la cooperazione missionaria nei nostri luoghi e nelle realtà ecclesiali in cui viviamo. In tale opera di animazione può essere affiancato da collaboratori sia religiosi che laici
161.  La nostra rivista “Vita Missionaria” è lo strumento principale per l’animazione della missio ad gentes. Tutti i mass media a disposizione della Provincia vengano comunque utilizzati per questo nobile scopo.
Condividi su: